Disturbo borderline, così il trattamento GET si diffonde anche in Canton Ticino
Ricerca, convegni e formazione. Cosa sta muovendo Young Inclusion alla Clinica Santa Croce di Orselina, raccontato dal direttore sanitario Sara Fumagalli

Far incontrare un metodo di cura sorto in Italia con le esigenze del Canton Ticino, per una proficua condivisione. È questo uno degli obiettivi che si era posto Young Inclusion a inizio progetto, coinvolgendo l’Ospedale San Raffaele di Milano – nella figura di Raffaele Visintini, psichiatra e psicoterapeuta che ha ideato il trattamento GET – e la Clinica Santa Croce di Orselina. Un contatto che si è sviluppato in questi mesi di progetto anche al di là delle difficoltà sorte a causa della pandemia, ma che sta producendo risultati significativi. È quanto spiega la dottoressa Sara Fumagalli, direttore sanitario della Clinica Santa Croce:
«Negli ultimi anni, in Ticino come in altri Paesi europei, è stato riscontrato un significativo aumento della casistica di pazienti con Disturbi Borderline di personalità oltre che ad un esordio sempre più precoce del disturbo. Per questo motivo la Clinica sta riflettendo da tempo su come meglio comprendere ed intervenire in senso terapeutico con una casistica che necessita competenze specifiche e innovative. Il metodo GET è apparso come una risposta efficace e specifica alle nostre queste necessità e pertanto, nel contesto del progetto Interreg, dal 2019 abbiamo incominciato una formazione specifica con un equipe multidisciplinare interna alla Clinica Santa Croce: il dottor Visintini e il suo gruppo di lavoro hanno effettuato un percorso formativo e di supervisione presso la nostra struttura con ottima partecipazione e motivazione da parte dell’equipe».
«A breve – prosegue Fumagalli – inizieremo il reclutamento dei pazienti per il progetto di ricerca e trattamento della sofferenza giovanile che prevede l’utilizzo del metodo GET sia con pazienti stazionari che ambulanti: questo significherà integrare i gruppi terapeutici esperienziali già in fase di ricovero stazionario per poi proseguire il trattamento in un percorso che prevede circa 24 mesi di cure intensive. Ciò che prevediamo è un miglioramento delle prognosi di questa tipologia di disturbo attraverso un approccio che vede il “gruppo” come cuore della cura e una visione prospettica del trattamento che prevede delle fasi non solo di cura ma anche favorevoli all’evoluzione personale del giovane fino alla strutturazione di una identità definita e più solida».
«Il ruolo dei curanti, anch’essi “gruppo multidisciplinare” e non singoli specialisti appare altrettanto innovativo: la condivisione di comprensione, scelte e coinvolgimento con e per i pazienti sembra essere una strategia essenziale per consolidare competenze, motivazione e impegno determinanti negli esiti a breve e lungo termine. E’ verosimile ipotizzare che il Covid ci confronterà ancor più’ duramente con la sofferenza dei giovani: sicuramente il percorso intrapreso e le scelte strategiche fatte (tra cui il metodo GET) pensiamo possano darci gli strumenti indispensabili per accogliere questa “nuova” emergenza».
A maggio si è svolto un primo convegno – organizzato dalla Clinica Santa Croce – di presentazione della mappatura curata da Young Inclusion. Il prossimo 14 luglio è in programma un nuovo appuntamento, dal titolo “Nuove prospettive di cura e di ricerca della sofferenza giovanile” (QUI INFO E ISCRIZIONI).